Le Leggende

Come ogni altro paese della Garfagnana, Castiglione ha le sue leggende , alcune ancora vive, altre ormai ricordate solo dagli anziani. Ad esempio,  nelle campagne,  c’era chi credeva nella presenza del “Buffardello”, uno spiritello invisibile che si divertiva a legar le code dei cavalli e intrecciare le criniere con trecce molto difficili da districare.

La leggenda di San Pellegrino

Tra le poche leggende ancor vive c’e quella di San Pellegrino.  Il santuario si trova nel comune di Castiglione sulla linea di confine tra Emilia e Toscana; cosicché i corpi di San Pellegrino e San Bianco hanno la testa in Toscana e i piedi in Emilia. L’identità e la storia dei due santi sono incerte  e hanno dato luogo a molte ipotesi anche fantasiose. La leggenda più accreditata è che San Pellegrino, figlio del re di Scozia, fosse venuto in questi luoghi per cercare quiete e far penitenza. Venne tentato dal diavolo più volte ma seppe sempre resistere. Alla fine il diavolo, irritato, lo schiaffeggiò violentemente da fargli compiere tre giri su se stesso. Vicino al crinale che divide la Toscana dall’ Emilia, si trova un luogo detto il “Giro del diavolo” dove sono ancor oggi visibili i grossi cumuli di pietre che fino a qualche decina di anni fa, processioni di devoti  portavano come segno di penitenza per onorare il Santo e chiedergli delle grazie.La leggenda narra che il Santo giunto all’età di 97 anni, sentendo ormai vicina la morte si rifugiò nel tronco vuoto di un vecchio faggio e incise sulla corteccia le vicende della sua vita. Molti anni dopo due coniugi modenesi, avvertiti in sogno da un angelo, ritrovano il corpo ancora intatto, custodito da una moltitudine di animali. Accorsero sul posto vescovi e popolazioni dalla Toscana e dall’Emilia ne nacque una disputa per il luogo dove collocare il Santo. Per venire a capo della questione fu deciso  di affidare la scelta al volere di Dio. La salma venne posta su di un carretto trainato da due torelli, e nel luogo dove si fermarono fu costruita la Chiesa. 

La leggenda del "Mulin del Butrion"

Anche i luoghi intorno a San Pellegrino hanno dato origine ha  molti racconti come quello del mulino del “Butrion”. C’è una località detta del Mulinaccio vicino a una roccia impervia ai piedi della quale scorre un torrente chiamato “Butrion”, che alimentava una volta un mulino. Il mugnaio era Bertone, un uomo cattivo che bestemmiava sempre. Dal cielo l’arcangelo Michele chiedeva vendetta ma il Signore, per pietoso intervento di San Pellegrino, si dichiarò disposto al perdono in cambio di una buona opera di Bertone. Invece, proprio la notte di Natale, mentre tutti andavano alla messa di mezzanotte al santuario, Bertone, bestemmiando non volle andarci, e per dispetto mise in moto la sua macina. Ma poco dopo, all’improvviso, si staccò dalla montagna un grosso masso che, sollecitato dalle ali dell’arcangelo, precipitò sul mulino seppellendolo con Bertone. Da allora, raccontano i vecchi, la notte di Natale chi passi da quelle parti sente strani rumori come il fragore di catene e il girar di macine.

La leggenda del Castello di Verucchia

Poco lontano dai paesetti di Isola e Valbona si trovano, su un colle, i ruderi di un antico castello, misterioso nella sua storia e nelle sue leggende: Verrucchia. Era un piccolo castello costruito  probabilmente per difendere una antica strada romana lungo il fiume  Esarulo, verso il Passo delle Radici. Oggi non esiste che il nome e pochi ruderi nascosti dalla vegetazione. Vi sorgeva anche una cappella dedicata a San Cristoforo.

La sua distruzione è da collocare quasi certamente nella seconda metà del1300 durante le guerre tra pisani e lucchesi. Le circostanze drammatiche dell’assedio, la distruzione l’ improvvisa scomparsa del castello fecero diffondere numerose leggende. Una tra le più fantasiose racconta che una strega, la sera prima della distruzione di Verrucchia andava vagando ed ululando entro le mura del castello e con un ferro batteva nelle catene dei focolari delle case dicendo:< Lo dico a te catena, perché lo sappia Maddalena che stanotte a mezzanotte, la fortezza di Verrucchia sarà distrutta!> Gli abitanti raccolsero i loro averi e li nascosero nel profondo pozzo dove calarono anche il crocifisso ligneo della chiesetta ( quello che oggi si trova nella chiesa di San Michele a Castiglione! qui a lato nella foto), poi  ferrarono i cavalli al contrario per ingannare il nemico e nascondergli la fuga.

Cenni storici sul castello di Verucchia

Il castello di Verucchia, si ergeva sulla sommità di un contrafforte appenninico ripido e scosceso, sulla riva destra del fiume Esarulo tra Isola e Valbona. Fu costruito probabilmente a difesa di un'antica strada romana che metteva in comunicazione l'Emilia con la Garfagnana. Del luogo dove in epoca medievale sorgeva il castello e il borgo con una chiesetta dedicata a San Cristoforo, non rimane che il nome e qualche rudere sommerso dalla vegetazione. Gli studiosi pensano che il castello esistesse già intorno all'anno 1000, successivamente divenne feudo del Vescovato di San Martino. Acquistò ancor più importanza per la vicinanza all'Ospedale di San Pellegrino, di cui controllava l'accesso dalla parte della Garfagnana. Questa sua autonomia fece sorgere spesso litigi e controversie con Castiglione da cui dipendeva, non volendo sottostare alle norme statutarie della Vicaria. Nel XIV secolo le guerre fomentate in Garfagnana da Lucca, Firenze e Pisa, segnarono la fine di Verucchia che fu bruciato e distrutto alle fondamenta intorno al 1371. La sua scomparsa improvvisa ed incerta ha fatto nascere nella popolazione locale racconti dove verità, fantasia e leggende s'intrecciano.

  • Vista dal colle di Verucchia
  • Resti delle antiche mura di Verucchia
  • Resti dell'antico castello
  • Resti dell'antico castello
  • Il vecchio pozzo

La leggenda del castagno

Al confronto con la pianura, la montagna, per quanto pittoresca, avrebbe certamente prodotto poco grano. Perciò Dio pensò di dar vita ad un albero che integrasse, con i suoi frutti, la mancanza degli altri raccolti. Così creò il castagno. Le radici delle giovani piante sprofondarono e si diramarono trattenendo la terra smossa dei monti, contrastando le frane e gli acquazzoni. Su tutto si stese un verdeggiante manto di fronde che diede rifugio agli amori primaverili degli uccelli. Poi il castagno crebbe e diede frutto. In principio erano malli rotondi, grossi come arance, ed ogni mallo racchiudeva al suo interno tre castagne. La fame era così bandita, ogni povero avrebbe avuto il suo cibo giornaliero.

Tutto era riuscito bene, ma il diavolo, invidioso, volle fare qualcosa anche lui. Soffiò sul mallo della castagna che si rivestì di pruni diventando un cardo. "E' bene" pensò "che questi montanari mangianecci, cui in ottobre piove il pane dall'alto, senz'alcuna fatica che quella di raccoglierlo, è bene che si pungano un po' le mani". E soffiò ancora sui cardi per fare i pruni più aguzzi.

Dio, visto la brutta mossa del Diavolo, benedisse il castagno e fece in modo che i cardi, pur essendo spinosi, fossero tagliati in forma di croce e nel cadere si aprissero in quattro parti. Fu così che il saporoso frutto cadde sgranandosi.

(tratta dal periodico la Garfagnana)

La leggenda dell'Uomo Morto

Pania Uomo Morto ESCAPE='HTML'

Tra la Pania della Croce e la Pania Secca c'è il profilo di un gigante addormentato. Tutti lo conoscono come "l'Uomo Morto" ed è facilmente riconoscibile sia dalla Garfagnana, che dalla valle inferiore del Serchio. Se ne gode di una bella visuale proprio da Castiglione di Garfagnana. 

Si racconta, che tanti e tanti anni fa, la Pania della Croce non era unita alla Pania Secca e tra le due vette si stendevano vasti prati dove i pastori conducevano ogni estate i loro greggi a pascolare. In un anno molto lontano, un pastore ed una pastorella si incontrarono su quei prati con le loro pecore e trascorsero molti pomeriggi insieme a fare ghirlande di fiori, a guardare il mare lontano, a confidarsi i loro sogni. Tra i due giovani nacque l'amore, ma sul finir dell'estate, il giovane pastore iniziò a trascorrere sempre più tempo da solo a guardare il mare. Pensava ai bastimenti che solcavano il mare da Pisa, Repubblica Marinara, centro di traffici commerciali e di ricchezza. La fanciulla iniziò a preoccuparsi per lui; gli rivolgeva molte domande e gli prestava ogni genere di attenzione, ma il giovane si manteneva misteriosamente silenzioso. Un giorno, quando le prime nuvole di fine estate si presentarono minacciose all'orizzonte, annunciando ai pastori che era giunto il momento di scendere e tornare alle proprie case, il giovane pastore chiamò a sé la sua fedele amica e le confidò che desiderava abbandonare le montagne e andare a fare il marinaio per conoscere posti nuovi e gente nuova. Così un giorno partì verso il mare. La giovane pastorella rimase sola sulle aspre montagne senza perdere la speranza, neppure per un momento, di vedere un giorno tornare il suo innamorato sui pascoli montani.Passarono i mesi; l'estate si ripresentò sui pascoli con i suoi fiori, i cieli blu e le vaporose nubi bianche alte come castelli incantati.La pastorella trascorreva lunghe ore a guardare fissa il mare, pregando il Signore che facesse tornare il suo perduto amore. A nessuno rivolgeva la parola, si escludeva dalla compagnia degli altri e in niente riusciva a trovare conforto, se non nel guardare insistentemente il mare. Di lei si era accorto, nel frattempo, un giovane ragazzo che era salito sui pascoli della Pania per la prima volta quell'estate. Era rimasto affascinato dalla bellezza della giovane pastorella che la tristezza aveva reso ancor più attraente. Egli aveva cercato con ogni mezzo di parlare alla ragazza, ma ella fuggiva dalla sua presenza senza rivolgergli una sola parola. Ma un giorno il nuovo pastore gli confidò il sincero e profondo amore che aveva per lei e cercò di capire la ragione della sua tristezza, invitandola a confidargli le sue pene. La pastorella raccontò la storia del suo sfortunato amore e come non potesse ricambiare gli affettuosi gesti e le gentili parole del nuovo pastore che, per tutta dell'estate, aveva cercato con ogni mezzo di aiutarla a dimenticare il passato.Ogni suo sforzo si rivelava inutile; allora un giorno il giovane pastore capì che cosa doveva fare per liberare la pastorella dal tormento del passato. Decise di salire sulla vetta della Pania della Croce e chiedere a Dio che gli venisse suggerito il modo per far dimenticare alla fanciulla il suo amore. Gli fu rivelato che l'unico sistema, sarebbe stato quello di impedire alla pastorella la vista del mare, ma per fare questo egli avrebbe dovuto sacrificarsi, stendendosi a terra e lasciare che il suo volto venisse trasformato in quello di un gigante di pietra che avrebbe unito le due Panie, nascondendo la vista del mare.Il giovane pastore per amore della fanciulla accettò e, da quel giorno, il suo volto fu impresso tra le montagne e venne ricordato da tutti come "l'uomo morto ".